Riordino delle reti dei servizi residenziali di psichiatria
Riordino delle reti dei servizi residenziali di psichiatria affinché siano garantite efficacia clinico-riabilitativa, appropriatezza dei percorsi di cura ed economicità.
Premesso che
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con la DGR n. 30-1517 del 3 giugno 2015 la Regione ha disposto la revisione del sistema dei servizi residenziali per la psichiatria, approvando a tal fine l’allegato “Riordino della rete dei servizi residenziali della psichiatria”. E’ stato individuato un percorso di attuazione graduale attraverso una fase transitoria che si concluderà entro la fine di dicembre 2015 ed una fase di messa a regime a partire dal 1° gennaio 2016;
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si attendeva da molto tempo un atto di programmazione regionale che affrontasse l’importante e delicato tema della psichiatria, in particolare della residenzialità psichiatrica – l’ultimo atto a riguardo era infatti rappresentato dalla DCR n. 357-1370 del 28 gennaio 1997 – al fine di ottemperare agli obblighi imposti dal Piano di rientro, di procedere ad una rivalutazione dei pazienti e dei loro contesti di inserimento allo scopo di verificarne appropriatezza ed esiti, nonché di definire le modalità autorizzative, di accreditamento e di vigilanza sulle strutture residenziali, la revisione dei posti letto e la determinazione delle tariffe nell’ambito della salute mentale;
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la suddetta delibera ha, tuttavia, sollevato da parte dei soggetti che operano nel settore della salute mentale perplessità su alcuni aspetti di criticità, di seguito espressi, che necessiterebbero di una modifica o di un approfondimento:
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La DGR 30 considera tutte le comunità protette di tipo A e di tipo B ai sensi della DCR 357 come strutture terapeutiche e, quindi, di totale competenza sanitaria (le strutture residenziali psichiatriche SRP1 E SRP2 del modello AGENAS-GISM, approvato dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni e recepito dalla Regione Piemonte con DCR n. 260-40596 del 23 dicembre 2013). Al contempo, la stessa delibera assegna tutte le strutture esistenti sul territorio piemontese, denominate gruppi appartamento e comunità alloggio, alla tipologia socio-assistenziale a bassa assistenza (le cd. SRP 3 del succitato modello AGENAS-GISM).
– Si richiama la necessità della coerenza con il documento AGENAS-GISM, che si impernia sui concetti-chiave della residenzialità funzionale ai percorsi individualizzati, dei percorsi di cura e dei progetti di intervento specifici e differenziati; la distinzione fra le tre tipologie di strutture residenziali psichiatriche non deve essere quindi di natura strutturale, bensì di tipo funzionale, cioè deve riguardare le caratteristiche cliniche, la qualità dei programmi riabilitativi, l’intensità degli interventi erogati, le diverse tipologie di interventi, nonché l’intensità degli interventi di rete sociale.
– In secondo luogo poiché, per quanto concerne i LEA, la DGR 30 non tiene conto che, per molte delle strutture classificate come gruppi appartamento e per le comunità alloggio, la definizione di struttura a bassa intensità assistenziale (SRP3) è inappropriata, dal momento che queste sono inequivocabilmente strutture a carattere terapeutico-riabilitativo per quanto concerne la tipologia di pazienti, la tipologia dei programmi di trattamento e la prevalenza del personale sanitario.
– Si sottolinea poi che la DGR 30 prevede non solo l’esclusiva degli interventi terapeutici alle strutture con requisiti para-ospedalieri, ma anche requisiti strutturali aggiuntivi piuttosto onerosi per le strutture di civile abitazione, requisiti sicuramente utili in un ospedale o in un ambulatorio, ma non appropriati in un contesto che deriva la sua specificità terapeutica proprio dall’essere una abitazione inserita nel normale contesto sociale.
– Peraltro, non risulterebbe esistere alcuna normativa nazionale che obblighi le Regioni a stabilire requisiti strutturali di tipo para-ospedaliero per le strutture residenziali psichiatriche, nemmeno per quelle ad alta intensità e intermedia intensità riabilitativa e a totale carico della Sanità. Il c.d “Decreto Bindi” (DPR del 14 gennaio 1997) consente a livello nazionale il funzionamento di qualunque struttura residenziale psichiatrica fino a dieci posti letto in contesto di civile abitazione senza alcun requisito strutturale aggiuntivo a parte la generica indicazione: “organizzazione interna che consenta sia gli spazi e i normali ritmi della vita quotidiana sia le specifiche attività sanitarie con spazi dedicati per il personale, per i colloqui, e per le riunioni”. Alcune regioni italiane, come la Toscana, la Lombardia, l’Emilia Romagna ed il Veneto, attuano tale indirizzo “alla lettera”, prevedendo addirittura l’esercizio di strutture residenziali psichiatriche in contesti di civile abitazione anche oltre il numero di dieci posti.
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Si ritiene poi importante prevedere progetti di domiciliarità alternativi o successivi alla residenzialità. Si tratta di interventi territoriali che esulano dalla classificazione delle SRP con carattere, tuttavia, prettamente terapeutico-riabilitativo a valenza sanitaria in quanto rientrano nell’ambito dei “percorsi di presa in carico e di cura esigibili” stabilito dal Piano nazionale di azione per la salute mentale del 2013 e quindi compresi nei LEA. Questi progetti, sia in quanto alternativi, sia in quanto successivi e finalizzati alla dimissione dalle strutture, rappresentano peraltro strategie di comprovata efficacia nel contenimento della spesa residenziale.
Previo passaggio attraverso le commissioni distrettuali Unità multidisciplinare di valutazione disabilità (UMVD) e le Unità di valutazione geriatrica (UVG), i Dipartimenti di salute mentale devono poi poter attivare progetti individuali che prevedano l’inserimento in residenze sanitarie assistenziali (RSA) e in strutture per pazienti autosufficienti e parzialmente autosufficienti in nuclei dedicati.
In ogni comune, infatti, sono presenti strutture socio-sanitarie che permettono interventi diversificati in termini di intensità assistenziale e di professionalità presenti (OSS, infermieri). Tali inserimenti permetterebbero anche un avvicinamento del paziente al proprio luogo di residenza con presa in carico da parte del centro di salute mentale del territorio di riferimento. Sotto il profilo dell’equilibrio economico finanziario, le rette di tali strutture sono poi indubbiamente inferiori a quelle delle SRP2 e SRP3, pur garantendo una migliore appropriatezza.
Infine, l’inserimento in una struttura residenziale deve avvenire a cura del centro di salute mentale e il piano di trattamento individuale deve contenere la sottoscrizione – come recita il documento AGENAS-GISM – di un “accordo/impegno di cura” tra il dipartimento di salute mentale e l’utente, con la partecipazione delle famiglie, al fine di consentire la volontarietà e l’adesione del paziente al trattamento. Questo risulta essere un punto fondamentale poiché denota un’attenzione importante da parte del dipartimento alle esigenze del paziente e della sua famiglia.
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Sarebbe inoltre urgente individuare una soluzione per quanto riguarda le diverse figure professionali che operano nell’ambito della residenzialità psichiatrica. In particolare, sulla falsariga di quanto stabilito da una recente delibera della Giunta regionale dell’Emilia Romagna, andrebbe precisato che le funzioni educative possono essere esercitate dagli educatori professionali, ovvero dai laureati in psicologia.
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Per concludere, si ritiene altresì utile la costituzione, accanto ad un efficiente Ufficio Salute Mentale, di un Tavolo di monitoraggio regionale partecipato dalle associazioni dei familiari, dai rappresentanti degli erogatori di servizi e dai rappresentanti dei dipartimenti, con funzioni di monitoraggio sull’applicazione delle disposizioni della nuova delibera di riordino e sulla valutazione della congruità delle prestazioni acquistate dal sistema sanitario rispetto alle risorse disponibili e agli obiettivi riabilitativi e organizzativi di programmazione.
ritenuto che
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le considerazioni sopra espresse, relative ad alcuni aspetti di criticità che emergerebbero dalla DGR 30 di riordino della rete dei servizi residenziali della psichiatria, possano rappresentare un utile contributo affinché siano ancor più valorizzati aspetti fondamentali quali la collocazione al centro dei processi terapeutici del paziente e non della malattia, la costruzione di una rete di servizi sul territorio che prenda in carico i malati valorizzandone il capitale umano, nonché la valorizzazione della domiciliarità come passaggio necessario, e non solo finale, per un efficace percorso terapeutico-riabilitativo;
ritenuto, infine, che
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una riorganizzazione dell’assistenza psichiatrica residenziale e domiciliare che tenga conto anche di questi fondamentali aspetti possa determinare una importante ricaduta sia in termini di efficacia clinico-riabilitativa sul paziente, sia in termini di appropriatezza dei percorsi di cura. Inoltre, aspetto non secondario, i programmi terapeutici di durata definita potranno garantire consistenti risparmi, dal momento che non si verificheranno più inserimenti residenziali inappropriati per lunghissimi anni in strutture ad alto costo.
Il Consiglio regionale del Piemonte
IMPEGNA
la Giunta regionale
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a predisporre in tempi rapidi, in linea con il modello approvato dalla Conferenza Stato Regioni del 2013 e la disciplina dei LEA, una modifica della DGR n. 30-1517 del 3 giugno 2015 di riordino della rete dei servizi residenziali della psichiatria tenendo conto di tutte le considerazioni sopra espresse.
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