La propensione al consumo e…altro secondo “l’uomo della strada”
Post inviato da: Aurelio Anelli
In un precedente articolo scrissi che il tormentone estivo, in quel periodo, era lo spread (e non un “pezzo” della Pausini piuttosto che alcuni brani di musica afro-cubana). Adesso lo spread non fa più notizia e soprattutto non fa più paura. Qual è quindi e quale sarà il leitmotiv di questa estate? E’ semplice: la consumption propensity.
La propensione al consumo, infatti, ormai si legge sempre di più negli occhi dell’uomo della strada (inteso come il riferimento delle aspirazioni e delle opinioni della gente comune): «Io propendo…tu propendi?» – «Sì anch’io»; oppure: «Sì, io propenderei se……». I discorsi degli operai, degli impiegati, del verduraio, del salumiere, degli italiani in generale hanno ormai come comune denominatore questo argomento. Nei circoli, nei bar, ai mercati si sente bisbigliare con una certa cautela “yes, we can….”; sì, noi possiamo ….consumare ora.
Perché questo cambio di rotta?
Ho sempre avuto un grande interesse (forse di natura atavica) per lo studio dell’economia politica e delle teorie economiche (neoclassica, keynesiana, ecc…), quindi il tema succitato, oggi di grande attualità, mi affascina in modo particolare.
La rinnovata propensione al consumo da parte degli italiani, dopo parecchi anni contrassegnati invece da una drammatica contrazione delle spese familiari, nasce oltre che da alcuni provvedimenti posti in essere recentemente dal Governo, anche da motivazioni di carattere psicologico alimentati da una conseguente rinnovata fiducia, seppure ancora modesta, nel futuro.
E’ appena stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la Legge 23 giugno 2014, n. 89, legge di conversione, con modificazioni, del Decreto Legge 24 aprile 2014, n. 66.
Il decreto de quo, noto come “decreto sul bonus Irpef ”, ma contenente anche altre misure, pare avere portato finalmente una ventata di entusiasmo e ottimismo tra le famiglie.
La somma di 80 euro mensili a favore dei lavoratori dipendenti e di altre categorie rappresenta per alcuni l’equivalente di almeno una tornatacontrattuale e il bonus (da non confondersi con il “bonus bebè”, che al massimo incrementa il giro d’affari dei pannolini per bambini) potrà effettivamente rimettere sul mercato nuovo denaro fresco a favore dei negozianti e dei commercianti e si spera che ciò possa far nascere qualche posto di lavoro in più.
Il target è stato, a mio avviso, appositamente analizzato e studiato dal Governo per destinare il bonus a coloro che potenzialmente possono permettersi di spendere anche magari solo una piccola parte di esso (una pizzata, un nuovo capo di abbigliamento, un piccolo viaggio, ecc…), in modo che tale provvedimento, insieme ad altri, possa contribuire a far ripartire il volano dell’economia.
I “renziani della prima ora” (cioè coloro che per qualche tempo – neanche poi così lungo – hanno vissuto appesi al pendolo dell’orologio di casa aspettando che scoccasse l’ora di Renzi) ora gongolano per il recente successo elettorale.
I gufi e la loro linea politica del “wait and see” (tanto prima o poi, pensavano, il Governo scivolerà sulla classica buccia di banana) sono rimasti spiazzati dall’attivismo, forse anche un po’ frenetico, dal fragore mediatico e dal nuovo e diverso understatement del Governo rispetto a quelli precedenti.
Altri provvedimenti sono stati pure molto apprezzati dai cittadini italiani, quali: la diminuzione del reddito per i superburocrati e manager pubblici e la riduzione IRAP a carico delle imprese.
La vera sfida del Governo però dovrà essere rivolta, sempre secondo l’uomo della strada, a risolvere la mancanza di lavoro e la conseguente piaga della disoccupazione non solo giovanile.
Questi temi però, insieme ad altri, dovranno essere affrontati tramite il necessario confronto con le organizzazioni sindacali e con le parti sociali.
E’ noto, infatti, che in passato la “concertazione” ha provocato a volte un certo “sconcerto” tra i cittadini, a causa del protrarsi delle riunioni e delle discussioni su problemi che andavano affrontati invece con la massima urgenza e i numerosi conflitti tra le parti hanno spesso vanificato le possibili ricadute positive degli accordi da raggiungere.
Probabilmente un nuovo istituto, diverso dalla concertazione, con una drastica diminuzione del numero degli strumentisti (cioè una semplice banda al posto di una grande orchestra formata da decine di professori) e con la partecipazione dei principali attori, potrà attivare procedure più snelle con tempi di gran lunga ridotti per la risoluzione dei gravi problemi di carattere occupazionale, economico e sociale che affliggono ancora il nostro paese.
A corredo di questo articolo, allego una mia vignetta sul “bonus”.
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