Il lavoro
Pensare avanti
Il Piemonte che c’era, non c’è più: la grande fabbrica capace di garantire lavoro a decine di migliaia di dipendenti e ad alimentare un indotto ramificato sul territorio, è tramontata col finire del secolo, così come è tramontato il modello sociale che essa determinava (con le sue contraddizioni e le sue tensioni, ma anche con le sue garanzie).
Un altro Piemonte e’pero’ nato: e’ il Piemonte delle piccole imprese a tecnologia avanzata, delle eccellenze enogastronomiche, del patrimonio culturale, della fruizione turistica; il Piemonte della ricerca e della Reggia di Venaria, del Politecnico e del design industriale, della Via Lattea e dei Laghi, di Slow Food e di Eataly.
Certo, la crisi attuale sta “picchiando duro” e colpisce la nostra Regione più che altrove perché transitare da un modello economico ad un altro in tempo di recessione è complesso e arduo. Proprio questo è il momento di guardare al futuro con coraggio e determinazione, e ”pensare avanti” per comprendere ciò che il Piemonte può diventare: la politica ha un senso se asseconda e sostiene i processi nuovi, non se rimpiange quelli antichi, e meno che mai se li ripropone in fotocopie sbiadite.
Amministrare il Piemonte, oggi, significa sostenere il modello articolato che sta nascendo e nel quale si riassumono le bellezze che il mondo invidia all’Italia: l’ingegno della sperimentazione e della ricerca applicata; l’eredita’ storico-artistica del passato; il fascino della natura; la qualità della vita. Le risorse pubbliche disponibili per intervenire non sono molte e non è prevedibile aumentino in tempi brevi: occorre impiegarle in modo mirato, rinunciando al facile consenso della distribuzione a pioggia, e concentrando invece lo sforzo la’ dove si possono ottenere i risultati migliori.
Il merito e i bisogni, l’utile e il giusto
Il “merito” e il “bisogno” non sono concetti contrapposti: il “merito” di chi produce crea occupazione, l’occupazione crea reddito: e’ questa la vera risposta al “bisogno” . Valorizzare il merito di chi innova, di chi sperimenta, di chi investe; scegliere con criterio e intuizione, operare con la massima trasparenza, rifiutando la logica dei privilegi; non creare ricchezza, ma aiutare a crescere coloro che la creano. È su questa base che bisogna operare in modo consapevole e coerente per cambiare verso al Piemonte.
Anche l’ “utile” e il “giusto” non sono concetti contrapposti: attendersi un “utile” dal proprio investimento (di denaro, di lavoro, di ingegno) è naturale e positivo; perché l’ “utile” del singolo sia “giusto” per la collettività occorre l’intervento della politica. È compito di chi amministra redistribuire la ricchezza in modo che lo sviluppo della società non provochi distanze incompatibili tra i primi, che corrono troppo veloci, e gli ultimi, che camminano troppo lenti.
Occorre che l’impegno alla risoluzione delle problematiche locali attribuisca uguale priorità sia alla tutela dei lavoratori, sia alla tutela dell’impresa. In termini di politica regionale questo significa individuare i “nuovi deboli”, a partire dai giovani esclusi dal mondo del lavoro ed espropriati dal diritto al futuro; operare scelte sulla fiscalità e sulla contribuzione ai servizi per alleggerire sia la produzione, sia i ceti in difficoltà; sostenere con incentivi chi garantisce occupazione alle fasce a rischio; monitorare e coadiuvare la gestione delle crisi, favorendo il confronto tra le parti sociali; ottimizzare le opportunità di crescita offerte dai fondi europei; incentivare l’export delle imprese regionali; garantire il pagamento puntuale e rapido ai fornitori delle Pubbliche Amministrazioni.
La vera sfida di un centrosinistra che amministra il Piemonte guardando al futuro è la capacità politica e intellettuale di occuparsi insieme di merito e di bisogno, dei primi e degli ultimi; questo significa superare le logiche ereditate dai decenni passati e rifiutare tanto la logica dell’impiego assistenziale della spesa pubblica, quanto la subalternità agli interessi costituiti.
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