I nuovi rischi dell’apprendista a 5 stelle
In altri tempi, quelli messi all’indice dagli improvvisatori della politica fai da te, era buona abitudine seguire un iter che consentiva a quanti volevano dedicarsi al governo della cosa pubblica di allenarsi sperimentando gradualmente i diversi livelli di responsabilità, magari esordendo tra i banchi di qualche piccolo consiglio comunale per poi passare alle amministrazioni provinciali, alla Regione, alla guida delle grandi città, al Parlamento con prospettiva di diventare ministri. Non c’erano regole precise che imponessero questo excursus e non necessariamente a un giovane brillante e capace venivano preclusi certi ruoli per il solo fatto di essere giovane. Più semplicemente si cercava di evitare i prevedibili rischi dell’inesperienza. Anche se negli anni non sono mancate deroghe, in qualche caso disastrose per il partito che le aveva permesse. Da quando si è cominciato a confondere la protesta con il rancore, l’emulazione con l’invidia, la preparazione con il pressappochismo, il protagonista della politica somiglia sempre più da vicino a “Napalm 51”, quel personaggio di Crozza che trascorre i giorni inchiodato alla rete per scagliarsi contro il mondo intero, inventandosi nemici e complotti che lo ripaghino della sua frustrazione e della sua cialtronaggine. Risultato di tanta supponenza, tipica di chi pensa di essere nato “imparato”, sono i fatti con i quali Torino fa i conti dopo un anno di amministrazione a trazione cinquestelle. Il riferimento non è alla drammatica notte di Piazza San Carlo: sarebbe troppo facile. Anche se è di tutta evidenza che essa rimanda a responsabilità che non lasciano fuori chi è alla guida di Palazzo di Città. Ma è allargando l’angolo di osservazione che si palesano i limiti della giunta di Chiara Appendino, non compensati dalla sua non casuale afasia politica, ovvero da quei silenzi che sinora l’hanno messa al riparo dalle critiche occultandola dietro il paravento della sua diversità in meglio rispetto alla omologa romana e cittadina del suo stesso movimento. Quello che più conta non è quello che si è fatto o non si è fatto in questo anno, ma ciò che resta da fare e che potrebbe dissolversi ancor prima di aver preso corpo. Ci sono in particolare due punti sui quali si potrebbe produrre questa caduta e attengono entrambi allo sviluppo possibile, ma adesso non scontato, della città. Si leggono da giorni analisi che indicano che l’economia europea sta uscendo dalla lunga notte della crisi. Al fenomeno sembra essere interessata anche l’Italia, benché a ritmi più lenti e meno certi. Torino in questo contesto ha la possibilità di lasciarsi alle spalle la crisi, ma perché ciò avvenga è necessario che le istituzioni pubbliche creino le condizioni favorevoli. Un orientamento sinora è stato confuso e poco convinto salvo qualche enunciazione verbale. Insomma manca ancora quella marcia in più senza la quale soltanto nel 2025 si potranno recuperare i livelli del 2007. Il secondo punto, non meno attuale e importante dell’altro, riguarda il modello di sviluppo della città, ovvero lo sforzo di affiancare a una moderna industria manifatturiera il turismo e la cultura. Il clima internazionale è quello che è ed è inutile ricordare il suo stravolgimento a causa del terrorismo. Proprio per questo sarebbe necessario dotarsi di strumenti, uomini e Stampa Articolo http://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/print.php 1 di 2 19/06/17, 11:13 mezzi, capaci di garantire la sicurezza senza la quale è difficile immaginare lo sviluppo di un settore che vive di flussi di visitatori e di grandi eventi. Ciò presuppone una collaudata esperienza che al momento è difficile avvistare. Un svolta incoraggiante potrebbe essere quello di riuscire a individuare i responsabili di Piazza San Carlo senza aspettare che col passare dei giorni si stemperi il ricordo di una notte difficile da scordare.
Fonte: Tropea su Repubblica
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