Direzione PD: il discorso di Matteo Renzi
Voteremo una posizione chiara, che consenta di superare tabù. Il nostro Paese deve diventare più amico di chi vuole investire e più capace di dare risposta ai nuovi deboli visto che la rete di protezione in questi anni si è rotta.
Due note di metodo:
1) alcuni nel dibattito hanno richiamato a forme di rispetto tra noi. Condivido. Chi non la pensa come me, non è un Flinstones; chi la pensa come me, non è Margaret Thatcher.
2) il rispetto deve essere verso noi, ma anche verso elettori. Noi siamo un partito politico, che quando deve decidere, decide.
Noi dobbiamo cambiare l’Italia e dobbiamo cambiare l’Europa: gli elettori si sono affidati a noi con questo obiettivo. Come PD, abbiamo dato vita a uno straordinario processo di riforme in queste mesi:
– il Decreto legge POLETTI
– il Decreto Madia sulla Pubblica Amministrazione
– la Prima Lettura su ddl costituzionale e Senato
– l’approvazione alla Camera della Legge elettorale
– la legge 66 con cui abbiamo dato 80€ netti in busta paga
– l’apertura della consultazione sulla scuola
– una proposta chiara sulla giustizia
– l’abbassamento delle tasse sul lavoro, alzando quelle sulla rendita finanziaria
– abbiamo avanzato la delega fiscale
Ci siamo occupati di far ripartire una politica industriale, ad esempio con le questioni Ansaldo Energia ed Electrolux.
Noi facciamo la riforma del lavoro per un fatto che va oltre l’Europa e l’attuazione degli investimenti, per un fatto di dignità: siamo passati in pochi anni dal 7 al 16% di disoccupazione. Dobbiamo costruire un nuovo welfare. A chi dice che eliminando l’articolo 18 eliminiamo una garanzia costituzionale, io rispondo che il diritto costituzionale sta nell’avere un lavoro. Se l’articolo 18 é un punto di riferimento del precetto costituzionale, perché la sinistra nel 1970 si è astenuta sullo Statuto dei lavoratori? Perché i sindacati e i partiti politici non applicano l’articolo 18? Perché si é accettato che alcuni ne siano tutelati e altri no?
Il lavoro non si crea difendendo regole di quaranta anni fa, ma innovando. Costruiamo un modello di welfare che difenda anche chi fallisce. Diamo la certezza che se investi in Italia sai quando costa il lavoro. L’attuale sistema del reintegro va superato, lasciandolo per il licenziamento discriminatorio e disciplinare. Dobbiamo intervenire su una rete più estesa di tutela dei lavoratori, proporzionata all’anzianità di lavoro. Per difendere chi oggi non ha diritto, dobbiamo intervenire sulle troppe forme contrattuali, non consentendo che la flessibilità rimanga solo precariato.
Avete mai parlato con chi perde posto di lavoro? Non ha uno Stato che lo prende in carico. I nostri servizi per l’impiego sono diversi da luogo a luogo. Un’Agenzia nazionale deve occuparsi di questo e deve anche sfidare il sindacato su ciò. Ci sono Paesi in cui questo servizio è fatto dal privato no profit e funziona bene. Dove sta il sindacato se non sta a fianco di chi ha perso il lavoro? Facciamo una seria tutela della possibilità di maternità.
A me cambiare non fa paura. La sinistra deve essere dove è il cambiamento. La sinistra deve difendere i lavoratori e non i totem, deve difendere tutti e non solo chi è già garantito. Noi abbiamo investito per alzare i salari con gli 80€, mentre una certa cultura vuole abbassarli. Il TFR sia inserito dal 1/1/2015 nelle buste paga.
Tre sono le sfide ai sindacati:
– La legge sulla rappresentanza sindacale
– Il collegamento con contrattazione di II livello
– Il salario minimo,legale
Quanto alla legge di stabilità, noi abbiamo scelto di rispettare il limite del 3%, anche se ci costa molto. Nella legge di stabilità verrà mantenuto il bonus di 80€, ci sarà 1,5 miliardi€ a disposizione per ammortizzatori sociali, un miliardo per la scuola, un miliardo di spazio di patto per i comuni, perché possano fare opere pubbliche; almeno un miliardo per ridurre il costo del lavoro, proseguendo quanto già fatto.
Queste riforme non porteranno fuori dalla crisi se mancherà la riforma dell’entusiasmo, della speranza. In un congresso DS si prese come slogan una frase di RILKE: “il futuro entra in noi molto prima che accada”. Dobbiamo immaginare il domani, non limitarci ad aspettarlo. In questi 40 anni in cui noi siamo rimasti aggrappati al totem di art. 18, il mondo è cambiato molto velocemente. O noi facciamo le riforme o saranno altri da Bruxelles a spiegarci cosa dobbiamo fare. Il 25 maggio si è aperta una finestra di possibilità: al PD il compito di coglierle.
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